UNA IDEA PER IL FUTURO : LA RIABILITAZIONE SU BASE COMUNITARIA
La riabilitazione potrebbe essere definita come “l’arte di aiutare una persona ad imparare a vivere nel miglior modo possibile e a fare il più possibile da sola tenendo conto delle proprie limitazioni “. Uno dei principali obiettivi della presa in carico in Riabilitazione è permettere alla persona disabile di proporsi positivamente nei confronti della sua realtà socio-ambientale e di interagire con essa. Riabilitare vuol quindi dire aiutare l’integrazione di una persona con disabilità, tenendo conto dei suoi limiti e delle sue potenzialità.
Goal del percorso sarà quello di dare alla persona disabile degli strumenti che accrescano la sua autonomia, intendendo per autonomia la capacità delle persone di spostarsi, comunicare, compiere le attività della vita quotidiana, applicarsi in un’attività professionale o scolastica ,in una parola l’outcome che non è misurazione scolastica di funzioni motorie ma è traslazione del processo riabilitativo nella vita del disabile..
Se la finalità è l’autonomia della persona e l’obiettivo è la sua integrazione sociale, l’intervento riabilitativo non può essere mirato esclusivamente sulla persona, ma valutare il contesto di vita, proprio per ridurre o eliminare le barriere sia architettoniche che sociali . Quindi il processo riabilitativo deve attuarsi il più possibile dove la persona vive .
La presa in carico riabilitativa non si dovrebbe limitare ad una ripetizione di gesti e movimenti il cui significato è noto solo al tecnico e fine a se stessi forse piu’ di quel che si creda , ma significa anche insegnare ed aiutare la persona con disabilità nell’esecuzione di movimenti e comportamenti utili per la vita quotidiana come nutrirsi, vestirsi, lavarsi, spostarsi e così via, allora anche dei “non professionisti” ,con opportuna formazione e supervisione, possono in grado di eseguire le attività di cui sopra.
La Riabilitazione su base comunitaria (CBR) parte dal presupposto che la comunità deve essere direttamente coinvolta nel processo riabilitativo; solo se la comunità si fa carico in prima persona delle problematiche delle persone disabili ne può comprendere appieno i bisogni.
Che cosa significa in pratica riabilitazione nella comunità: non significa “fare la terapia” vicino a casa e non significa medicalizzare la famiglia o la comunità alterandone il ruolo; significa semmai consigliare chi è coinvolto nel programma a livello di comunità (persone disabili, genitori e componenti il nucleo familiare, operatori di base, volontari, ecc.) sul come una persona disabile può essere aiutata nel compiere le attività della vita quotidiana, con l’obiettivo di accrescerne l’autonomia personale.
Perché tutto ciò sia possibile ci deve essere un trasferimento di conoscenze inerenti le diverse disabilità e di competenze riabilitative da parte dei tecnici,prevalentemente terapisti occupazionali ,a chi opera nella comunità.
Operare in un’ottica di globalità significa migliorare non solo le condizioni fisiche di molte persone disabili, ma creare maggiori opportunità lavorative, favorire l’inserimento , rendere più visibili e partecipi le persone con disabilità all’interno della società .
Il coinvolgimento della comunità, oltre a rendere possibile l’estensione dell’assistenza ad un maggior numero di persone disabili, permette a queste di rimanere nel loro ambiente socio-familiare facilitando così il loro reinserimento.
La CBR proponendosi come approccio riabilitativo globale,permette una migliore conoscenza dei bisogni e orienta quindi piu’ correttamente gli interventi riabilitativi verso risultati pratici. La disabilità,come recita un recente report dell’OMS ,non è una malattia ma uno stato e come tale va gestito per risolvere al meglio le sue problematiche che sono prettamente di tipo sociale e partecipativo tanto di piu’ quanto piu’ ci si allontana temporalmente dall’evento lesivo .
La presa in carico della persona disabile deve prevedere quindi sia la parte riabilitativa di esercizio terapeutico sia l’intervento sul contesto ambientale . Se le due cose non si integrano l’outcome sarà sempre inferiore a quello che si sarebbe potuto raggiungere integrandole.Cosi si creano disabilità maggiori che ancora di piu’ limitano la partecipatività delle persone che hanno subito un evento lesivo.
.La CBR non è un metodo di trattamento o un protocollo , ma una strategia che partendo dalla conoscenza dei problemi del disabile cerca di dare una soluzione agli stessi avvalendosi della catena solidale di quanti si sentono in grado da essere utili e si fanno partecipi degli sforzi che una comunità di persone attua per migliorare la qualità di vita del disabile stesso.La strategia parte dall’ascolto della persona disabile e dalla presa in carico globale dei suoi bisogni superando il concetto di prestazionalità a favore della ricerca dell’outcome migliore,in pratica una operatività per processi ed esiti anzichè per prestazioni numerologicamente contate (e pagate) indipendentemente dalla bontà delle azioni e dagli esiti ottenuti.
In momenti critici soprattutto dal punto di vista delle risorse economiche,come il nostro Paese si appresta ad affrontare, occorre rivalutare il concetto di società solidale purtroppo dimenticato nel tempo a scapito di indirizzi impersonali e basati su rigidità concettuali ed operative.
Le piccole comunità di base,i condomini o le strade o i quartieri o le frazioni hanno in sè la potenzialità di dare una risposta efficace per il reintegro sociale e partecipativo di molte persone disabili,semplicemente attraverso la partecipazioni di coloro che lo desiderano ad un concetto di aiuto pratico e solidale alle necessità della persona disabile.Decentrando nel territorio le azioni e non accentrandole negli ospedali da dove,molto spesso, i disabili vengono dimessi in modo stereotipato verso percorsi protocollati che hanno presenti maggiormente le esigenze del sistema sanitario piuttosto che quelle del disabile permanente o temporaneo che sia e ancora hanno presente maggiormente la mera valutazione del recupero delle quote motorie non calate nel contesto di vita delle persone e del loro ambiente .
La CBR forse puo’ essere una risposta pratica ed efficace alle esigenze di partecipatività della persona disabile ed al suo desiderio di avere una qualità di vita ottimale in un contesto positivo.Se gli Stati Uniti ,in alcuni Stati del Nord Ovest,stanno sperimentando modelli di CBR mutuati dalla cooperazione e dalle esperienze di quanti,in Paesi a basse risorse economiche,da anni la sperimentano con buona soddisfazione,probabilmente l’amministrazione di quella Nazione ha avuto idea che una scelta di questo tipo possa essere positiva sia per il disabile che per il sistema sanitario.
Germano Pestelli
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