Da quando ho finito il mio periodo di studio specialistico, ho prestato maggiore attenzione alle dinamiche del lavoro e ai suoi epifenomeni.
E queste due ultime agenzie, non mi son certo sfuggite.
Roma, 11 nov. (Adnkronos Salute) – “In Italia il medico fa sempre più rima con precario. In 10 anni, nel nostro Paese, il numero dei camici bianchi con contratti di lavoro a termine è più che raddoppiato: da 3.527 a 7.177. Praticamente una crescita del 100%. Una percentuale, tra l’altro, che per quanto riguarda le donne medico va moltiplicata per tre. Se nel 2001 i camici rosa precari erano 1.700, alla fine del 2010 se ne contavano già oltre 4 mila.”
(Quotidiano Sanità – 07 Novembre 2011) – Le novità per i libero professionisti. Il Fondo quota B, relativo alla libera professione, oggi conta quasi 152mila iscritti. Di questi una parte sono liberi professionisti “puri”, e tra questi molti odontoiatri, mentre gli altri hanno anche forme diverse di attività, per le quali partecipano ad altri Fondi Enpam. Attualmente questo Fondo eroga pensioni solo al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Con la riforma, spostata questa età dai 65 ai 68 anni, sarà possibile però anche per i liberi professionisti scegliere di andare in pensione prima, a partire dai 58 anni, ovviamente con una decurtazione della pensione percepita proporzionale all’aspettativa di vita. Forte la crescita prevista per l’aliquota contributiva: dall’attuale 12,5% l’aliquota salirà dal 2015 di un punto all’anno, fino a raggiungere il 22% nel 2024. Inoltre il coefficiente di rendimento sarà ridotto da 1,75 a 1,5.
Allora, ricapitoliamo.
La nostra disciplina va sempre più diretta verso la libera professione. E la libera professione si allontana sempre di più dalla pensione, che beninteso costerà di più e renderà di meno. L’Italia si dispiega sempre più a macchia di leopardo con regioni che si lamentano di avere pochi medici e altre che forse ne hanno anche troppi, o non sanno dove metterli. L’abbandono della vita lavorativa sta diventando una discreta chimera, ma tanto si sa che i medici lavorano anche in pensione! E per far quadrare i conti, i medici, forse, è meglio non vadano in pensione. E però, con il blocco del turn over, i nuovi non entrano nel mondo del lavoro.
Ansia?
Tranquilli..La cannabis per quel periodo sarà terapeutica e già legalizzata.
O la possiamo prendere con filosofia. Chiaramente, antica Roma!
A
La riflessione, tra il serio ed il faceto, che ho proposto ieri l’altro è una passione personale ed una preoccupazione professionale per il futuro. In effetti, trattare con qualche battuta argomenti così seri non è produttivo. Al tempo stesso, un percorso verso un’analisi approfondita passa per una stima quanto più possibile lucida e dettagliata. E’ allora che si può tracciare una linea ed arrivare a delle prime elaborazioni. Insomma, qualcosa che non siano conclusioni perchè il fondo non sembra affatto vicino.
Così ho deciso di aggiornare nei commenti il mio primo articolo con le notizie che nel tempo riuscirò a reperire dalle fonti. Per aiutarmi a capire.
Questo seguente, ci fornisce alcuni dati in più. Non certo incoraggiante.
Buona lettura.
Quotidiano sanità – 15 Novembre 2011
Roma. Giovani medici: destino da precari. Solo il 35,4% con contratto a tempo indeterminato
Tre su dieci hanno un lavoro atipico, di questi meno del 20% conquista un contratto triennale. La metà lavora a tempo con contratti da sei a dodici mesi al massimo.
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Meno garantiti rispetto ai loro coetanei, dopo un lungo periodo di formazione che dura mediamente dieci anni, si trovano davanti anni di precariato e di bassa retribuzione. Con lavori frammentati e di breve durata caratterizzati da contratti a progetto o di collaborazione coordinata e continuativa, con caratteristiche che ricalcano quelle del lavoro subordinato. E così quasi la metà dei medici in età giovanile ha un rapporto di lavoro parasubordinato e lavora per due e più strutture; soltanto il 18,4% ha un contratto con una durata oltre i 36 mesi, mentre il 52,3% lavora da sei a dodici mesi. Soprattutto quasi la metà di quelli già occupati vorrebbe cambiare lavoro.
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Sotto la lente è finito un campione di 1.143 giovani medici stratificato per genere e classi d’età (fino a 30 anni; da 31 a 35; da 36 a 40; da 41 a 45) rappresentativo dell’universo degli iscritti all’Omceo di Roma e provincia (11.757 medici in totale).
[…]
Nel dettaglio i risultati più rilevanti dell’indagine:
L’identikit. Il 35,7% dei giovani medici sta ancora seguendo un corso di formazione post-laurea (primo ed eventualmente un secondo); di questi il 22,5% si sta specializzando, il 9,8% segue un master o un dottorato, l’1,5% un corso in medicina generale. L’1,9% fruisce di una borsa di studio o di un assegno di ricerca. Il 56% segue corsi di area medica. il 22,8 di area chirurgica e il restante 21,2% di altre aree. Il 70,4% dei giovani medici ha un titolo post-laurea e un’anzianità di specializzazione di 6,6 anni. Il 16,8% sta seguendo un corso di formazione all’estero.
I percorsi di carriera. Nel periodo di formazione post-laurea i medici seguono due percorsi differenti. Il 47,6% del totale dei medici intervistati svolge un lavoro occasionale e compatibile per integrare il reddito (il 50,9%) o per fare esperienze lavorative e arricchire il proprio curriculum (il 27,7%) o per altre ragioni. E il restante 64,3%? Considerando quelli che non sono più in formazione, lavorano e percepiscono un reddito l’88,7%, di questi il 42,5% sono medici con un’anzianità di laurea fino a 5 anni.
La tipologia contrattuale. La caratteristica principale è la precarietà. Quasi quattro medici su dieci hanno un contratto a tempo indeterminato (il 35,4%). Tre lavorano come liberi professionisti o convenzionati a inizio carriera (il 32%). Poco meno di tre medici su dieci con età fino ai 45 anni (il 28,2%) è occupato in lavori cosiddetti atipici: lavoro a termine, inserimento (16,8%), co.co.co, occasionale (11,4%). Oltre il 40% dei medici che operano con un contratto atipico ha oltre 10 anni e fino a 15 anni di anzianità di laurea.
Facendo il raffronto con la popolazione generale con identiche classi d’età, secondo i dati Istat, la tipologia contrattuale appare migliore: sei su dieci ha un contratto a tempo indeterminato (il 60,4% contro il 35,4% dei medici). I medici sono percentualmente di più nel settore libero professionale, compreso quello in convenzione (32% verso il 16,9% della popolazione generale). Mentre le percentuali relative al lavoro atipico sono più alte per i camici bianchi: 28,2% verso il 17,2% della popolazione generale. Si conferma dunque l’ipotesi che oggi i giovani medici si trovano, rispetto ai loro coetanei, a sperimentare un mercato del lavoro, per così dire, meno garantista.
Il 14,4% dei medici che lavorano ha un contratto part-time, richiesto dal datore di lavoro o dal committente nel 79% dei casi (nella popolazione generale è sempre del 14,2%). Lavorano in part-time a causa di sostituzione di personale, lavoro legato a progetto, periodo di prova e simili.
Per il 71,2% dei medici il contratto è stato rinnovato uno, due e più volte. L’80,3% e oltre dei medici pensa che la possibilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato sia bassa o impossibile. Entrambi i dati sono indizio di precarietà oggettiva e soggettiva.
I medici con lavoro atipico operano per due e più strutture nel 48,8% dei casi. Il 94,9% deve garantire la presenza regolare sul posto di lavoro, il 91,9% deve rispettare un orario di lavoro. Il contratto di lavoro dura fino a 3 mesi per il 9,5% dei medici, da 6 a 12 mesi per il 52,3%, fino a 24 mesi per il 10,1%, da 25 a 36 mesi per il 9,7% e per il 18,4% oltre i 36 mesi.
La caratteristiche lavorative. I giovani medici dedicano circa 35 ore settimanali al lavoro, escludendo le ore occupate nelle attività intramurarie o simili. Il 48,5% dei giovani camici bianchi fa spesso ore di straordinario per circa 19 ore mensili. Il lavoro straordinario è per il 45% obbligatorio.
La retribuzione media mensile. Il medico con contratto a tempo indeterminato guadagna 2.243 euro netti. Mentre la retribuzione dei medici che lavorano con un contratto atipico è notevolmente inferiore: oscilla mediamente intorno ai 1.460 euro.
Attività libero professionale: le donne guadagnano meno. Il 45% dei medici che lavorano svolge attività in intramoenia nel settore dell’assistenza primaria, per circa 10 ore settimanali. Da questa attività ricavano un reddito mensile di circa 2.400 euro, che cresce con l’età ed è nettamente superiore per gli uomini (3.089) rispetto alle donne (1.782). Il 17,2% dei medici svolge anche un’altra attività che produce un reddito lordo medio mensile di 1.210 euro.
Cosa pensano i medici delle strutture dove lavorano? Il 48% circa ritiene che l’organico è scoperto per il 50% e più, e che la dotazione di personale è insufficiente rispetto agli standard necessari per soddisfare i flussi di utenza ( giudizio espresso dal 40,3% dei medici)
Inoltre il 41,5% dei medici è in cerca di lavoro nonostante il 42% sia già occupato. Un dato che testimonia l’insoddisfazione della propria situazione lavorativa. Il 72% dei medici cerca lavoro da più di anno. Il 57% aspetta un concorso pubblico, il 60% consulta spesso avvisi, il 43% ha inviato il curriculum, oltre il 50% si è rivolto ad amici e parenti, il 37,6% ha consultato gli avvisi esposti presso l’Ordine dei medici, il 60% ha esaminato gli annunci sulla stampa e simili. Solo il 21% ha avviato procedure per aprire un proprio studio professionale.
Ester Maragò