Le attività territoriali alla luce del Piano di Indirizzo della Riabilitazione.
La gestione delle dimissioni pianificate e dei percorsi di presa in carico attraverso l’operatività del team di Riabilitazione e l’integrazione con la rete dei servizi sociali e sanitari.
Proposta di una Rete professionale organica per intervenire contro la disabilità e per sviluppare le condizioni di partecipazione nella Comunità.
La riabilitazione territoriale sta giustamente sempre piu’ affermandosi come parte determinante dei percorsi di presa in carico iniziati a livello ospedaliero.In un recente incontro, a Budapest nel mese di maggio del 2011 ,i Ministri della sanità della Comunità Europea hanno ribadito l’interesse di tutte le nazioni della CE ad implementare i percorsi territoriali in ambito di ricerca della salute e di una migliore qualità di vita.
In questo documento si vuole dare una traccia in cui muoversi nel prossimo futuro soprattutto nel settore della presa in carico della disabilità medio grave e cronicizzante a livello del territorio.Un aiuto a chi cerca quotidianamente di risolvere le problematiche legate alla cronicità.
1) Premesse :
Ospedale e territorio in riabilitazione sono due entità operative ben diverse ma che si devono integrare avendo come obiettivo comune il recupero migliore possibile dalle condizioni di disabilità ed il miglioramento conseguente della qualità di vita della persona disabile e sistema dei caregivers nonchè l’attenzione alle potenzialità di partecipazione,in pratica devono essere un continuum operativo per la presa in carico longitudinale della persona disabile.
L’ambito territoriale diventa il luogo privilegiato per l’intervento sulle componenti ambientali e sui fattori personali ( ICF). Infatti a completamento dei progetti riabilitativi individuali bisogna proseguire l’intervento finalizzato alla realizzazione dell’integrazione e dell’inclusione sociale.
Il collegamento funzionale delle azioni di ospedale e territorio dovrebbe essere il Dipartimento di Riabilitazione per ricercare quella unità di intenti che puo’ portare il sistema ad avere il migliore dei risultati possibili. Tenendo presente chela Riabilitazione va quanto piu’ possibile avvicinata all’ambiente di vita della persona disabile proprio per consentire la massima partecipatività ,questa partecipatività, certo legata anche alle azioni specifiche di riabilitazione in ambito ospedaliero ovvero al recupero della funzione ,va però consolidata e definita soprattutto in ambito territoriale.
La logica in cui bisogna muoversi è una “logica di risposta sistemica ed unitaria alla complessità “ ovvero è il sistema sanitario che si prende in carico del sistema persona disabile.
L’integrazione professionale deve essere attivata anche dalle strutture che operano nel settore della Riabilitazione, tenendo presente , come filosofia operativa, che una buona consegna al territorio di una persona stabilizzata, o con necessità riabilitative o disabile , la si fa iniziando a lavorare bene e con visione prospettica e predittiva degli esiti fin dal suo ingresso in Pronto Soccorso o nella Unità di degenza per Acuti.
Il concetto operativo ,informativo delle azioni , deve essere quello di sostituire gradualmente i concetti di prestazione e trattamento con quelli di processo, presa in carico , esito ed out come .
La presa in carico riabilitativa deve essere inserita all’interno di un percorso assistenziale integrato di continuità delle cure, deve basarsi sulla valutazione multidimensionale sanitaria e sociale centrata sulla persona e non sulla patologia ed avendo il progetto riabilitativo individuale come base per il percorso specifico . Deve avere come riferimento il modello Bio-psico-sociale dell ‘ICF, che analizza la complessità delle condizioni di salute della persona disegnandone il profilo di “ funzione”, il livello di “attività/partecipazione” descrivendo i fattori contestuali ambientali e classificandoli come “facilitatori o barriere/ostacoli” e ricercando e valorizzando i “fattori personali” propri dell’individualità.
In pratica il processo riabilitativo ha come obiettivo, attraverso il recupero funzionale migliore possibile, il miglioramento della qualità della vita della persona disabile e la sua integrazione sociale ,lavorativa, sportiva …..
La disabilità non è solo fisica ma anche determinata da fattori ambientali, psicologici e sociali ed è valutando attentamente anche questi , in modo quindi globale, che si puo’ costruire un percorso territoriale valido per qualsiasi persona e per la sua famiglia, ma anche per il sistema sanitario che , pianificando le dimissioni verso il territorio in modo consono ai bisogni dei disabili o comunque delle persone con complessità e dando risposte complete ed esaustive , vedrà gli stessi ricorrere di meno a nuove prestazioni sanitarie .
E’ la persona disabile al centro di un sistema con i professionisti che ,al momento opportuno e per la loro specifica competenza o funzione,si prendono cura dei suoi problemi cercando di darvi una risposta efficace,efficiente e misurabile con l’out come.
Le esperienze internazionali più significative di reti di cure domiciliari e territoriali evidenziano
come una corretta gestione nasca da programmi di dimissione pianificata.
Parlando di percorsi di Riabilitazione essi vanno gestiti e coordinati dal Dipartimento di Riabilitazione che per sua natura deve essere trans murale. . In pratica occorre formare una “ponte” che colleghi la pratica ospedaliera dell’acuzie e della post acuzie con la gestione del territorio .
Nei Team di riabilitazione dovrebbero entrare a far parte sia gli psicologi che gli assistenti sociali figure cardine del pool che deve programmare la consegna pianificata di una situazione gestibile al territorio che poi dovrà occuparsi delle gestione longitudinale del percorso.
La “funzione” nuova da inserire nel futuro della riabilitazione in particolare e della gestione ospedale-territorio in generale è la rete professionale della disabilità e partecipazione che aiuta la presa in carico di persone che vanno dall’acuzie alla post acuzie/riabilitazione e per programmarne la consegna al territorio sia attraverso il rientro al domicilio ( auspicabile con aiuti alla famiglia ) sia con l’istituzionalizzazione , ma che gestisca anche le necessità delle persone disabili gravi (es.stati vegetativi o persone a minima responsività) a livello territoriale tenendoli il piu’ possibile fuori dal ricovero ospedaliero e dando garanzia di continuità di presa in carico attraverso una rete integrata di servizi territoriali nei quali la medicina riabilitativa deve essere presente,non solo per quel che riguarda il recupero della persona affetta da disabilità dell’apparato locomotore , ma anche riguardo ad altre importanti disabilità come quelle secondarie a patologie invalidanti tipo la BPCO,lo scompenso cardiaco, i percorsi oncologici.
La rete prevede un case manager responsabile del caso che in integrazione coi professionisti di riferimento, definisce e concorda il miglior percorso di presa in carico possibile per ciascun paziente ed anche un care manager (medico) responsabile del governo clinico .
Nella presa in carico riabilitativa, ogni operatore deve svolgere una preminente funzione educativa e formativa.Compito principale di ogni operatore è infatti di valorizzare i saperi e le capacità della persona e del caregivers, trasferendo loro conoscenze e metodi che li aiutino a diventare “esperti” nella gestione dei problemi.
La gestione della disabilità nella fase di cronicità della malattia comporta un complesso di interventi terapeutici riabilitativi ed assistenziali , che devono essere erogati al domicilio, ambulatoriamente oppure in strutture residenziali qualora la persona disabile non abbia nel contesto di vita un supporto familiare e/o assistenziale adeguato ai suoi bisogni quotidiani.
Le modalità dell’intervento riabilitativo nella fase post acuzie / cronicità, quindi extra ospedale, si caratterizzano appunto nell’affrontare la fase degli esiti: quello che così spesso le strutture sanitarie tendono a rimuovere dalle priorità di intervento e che invece in campo riabilitativo riveste ovviamente una importanza essenziale.
Peraltro sono sempre più numerose le dimostrazioni scientifiche e di ricerca nella letteratura internazionale che descrivono capacità di recupero funzionale , comportamentale e relazionale anche a grande distanza temporale dall’evento indice (e spesso indipendentemente dall’età del soggetto ) sia per problematiche neuro-motorie,cognitive e muscolo-scheletriche.
Infatti è indispensabile che si cerchi costantemente di prevenire la progressione della disabilità: quindi l’azione si caratterizza con diverse tipologie di interventi riabilitativi sanitari abitualmente integrati con l’attività di riabilitazione sociale.
Nell’ambito della riabilitazione territoriale vengono eseguiti interventi di riabilitazione che sono erogati presso strutture pubbliche e/o private accreditate e che devono portare la persona disabile all’outcome migliore possibile sotto il governo clinico del Dipartimento di Riabilitazione o,laddove difetti, della U.O. di Riabilitazione Territoriale ,diretta dal medico specialista in riabilitazione .
Assoluta importanza ha la gestione della dimissione verso il domicilio per cui la presa in carico territoriale ha il significato di riportare la persona disabile/complessa al proprio domicilio, nel suo ambiente di vita e pertanto è necessario pianificare questo percorso in ragione della funzione di alternativa al ricovero in ospedale e in RSA, ma anche del gradiente di complessità che la persona presenta.
L’impatto del carico assistenziale varia in ragione di quest’ultimo elemento e va tenuto in debita considerazione della definizione, individuazione e pianificazione degli interventi con l’obiettivo di rendere questo processo sostenibile e a tale riguardo è necessario fare le dovute distinzioni fra alta e bassa complessità clinica-riabilitativa-assistenziale per un proficuo investimento delle risorse disponibili.
2) Riabilitazione ed appropriatezza :
I diversi interventi riabilitativi si sviluppano su livelli assistenziali che comportano costi e durata molto differenti. La domanda di prestazioni riabilitative si estende con sempre maggiore rapidità per numerosi fattori ( in particolare demografici, epidemiologici, scientifici e tecnologici) ed in un Sistema Sanitario di carattere generalista com’è il nostro si pone con forza anche il tema della sostenibilità rispetto alla vastità della domanda , ovviamente se fondata su criteri di evidenza ,efficacia/efficienza scientifiche, e di appropriatezza.
Le ovvie problematiche finanziarie per garantire la sostenibilità e completezza dell’offerta rimandano prima di tutto alla selezione del bisogno reale sia nelle fasi di acuzie della domanda che in quelle molto spesso molto prolungate delle condizioni appunto di cronicità e di esiti. Appare quindi sempre più evidente che un parametro per declinare la appropriatezza per l’utilizzo delle risorse , come pure per la qualità e completezza ed efficacia degli interventi ( e degli investimenti ) sia correlare il tutto ad un dato territorio ed una data popolazione da servire. L’utilizzo delle risorse nella Riabilitazione non deve esser più affidato ad una logica “prestazionale” (come ancora purtroppo nelle attività ambulatoriali e territoriali, ma anche in quelle ospedaliere) nè a una logica solo “assistenziale” (o caritatevole). Deve invece finalmente prevalere una governance fondata su programmi di interventi organici, basati su elementi epidemiologici, scientifici ma anche storici , con finalità anche preventive rispetto alla popolazione/territorio di competenza (che è il Dipartimento di Riabilitazione nella ASL,almeno laddove esiste ) e rispetto alla risorse disponibili.
Si pone quindi il problema prioritario della appropriatezza della presa in cura riabilitativa e degli interventi valutativi e terapeutici correlati, cioè del giustificato accesso ad un determinato livello di assistenza ed all’efficace utilizzo delle risorse impiegate.
Uno degli aspetti più delicati riguarda la continuità terapeutica che impone una valutazione di questa necessità ( a volte richiesta impropriamente ) e che vede coinvolte tutte le articolazioni organizzative deputate al processo riabilitativo ed al reinserimento della persona.
L’aspetto della prognosi riabilitativa e del possibile recupero della funzione e della partecipazionet è l’elemento cardine della decisione di continuità terapeutica intesa come rieducazione motoria/funzionale; peraltro nelle persone con una possibilità di reinserimento lavorativo e sociale la continuità terapeutica deve vedere coinvolti altri professionisti, come i terapisti occupazionali .Infatti, in molti casi, il cardine reale e fondamentale del processo è il recupero dell’attività/partecipazione, per cui l’intervento occupazionale è di assoluta importanza forse ancor di piu’ che non quello espressamente motorio.
La programmazione dei servizi di Long-Term Care non può comunque prescindere,almeno al momento, dai modelli assistenziali e dai percorsi clinici definiti dal sistema.
Le problematiche croniche presuppongono infatti un percorso di cura che può trovare differente espressione anche in ragione delle opzioni assistenziali presenti e del modo di operare dei singoli servizi.
Nell’ambito dei servizi di Long-Term Care la programmazione deve comunque svilupparsi sempre in una ottica di Servizi Integrati, in cui ciascun livello assistenziale ed opzione di offerta influenza l’altro.
E’ quindi un errore procedere ad una programmazione “rigida”, che rischia di ingessare un servizio su un livello di offerta rendendolo autoreferenziale.
E’ invece quanto mai opportuno prevedere lo sviluppo di servizi in Rete, anche a gestione integrata, capaci di gestire i percorsi e di modificare l’offerta con relativa duttilità.
Per tale motivo risulta necessario che esista un percorso in ambienti riabilitativi dedicati in grado di preparare questo passaggio attraverso:
– corretta definizione prognostica
– individuazione degli obiettivi sui quali pianificare gli interventi
– formazione del caregiver
– interventi strutturali sul domicilio
– individuazione di un responsabile clinico (care manager ovvero il medico specialista in riabilitazione) ed assistenziale del caso (case manager ovvero l’infermiere opportunamente formato,oppure l’assistente sociale opportunamente formato)
– invio di personale adeguatamente preparato e formato professionalmente.
Occorre anche definire in modo appropriato oltre alla qualità anche la quantità di erogazione della Riabilitazione.
I Sistemi di Riabilitazione dovrebbero orientarsi per organizzare ,in integrazione con vari attori che poi si definiranno, tempi idonei di attività motoria specifica o adattata,sia in ospedale che sul territorio , in misura temporale congrua ai bisogni di partecipazione e di recupero della qualità di vita della persona disabile.In pratica occorrerebbe chiedersi se l’attuale organizzazione dei tempi di riabilitazione sia ospedaliera che extra ospedaliera siano consoni a questi bisogni oppure ,in un futuro non lontano ,necessitino di una revisione critica e costruttiva e di una relativa riorganizzazione degli stessi..
Una rete di servizi, per quanto estesa e professionale,non compirà mai la sua funzione potenziale se non potrà operare come un sistema, dove la gestione del percorso e l’accesso ai singoli servizi sia definita da regole ispirate e non dall’autoreferenzialità dei nodi sulle singole prestazioni, ma da un progetto integrato di presa in carico della persona .
Il funzionamento integrato della rete presuppone quindi il concetto di sistema inteso come pluralità di elementi coordinati tra di loro in modo da formare un complesso organico soggetto a regole. Gli elementi determinanti per costruire un sistema sono quindi regole e strumenti di comunicazione comuni.
La connessione fra la dimissione della persona da qualsiasi struttura di degenza pubblica e privata e la territorialità può essere svolta, in ottica riabilitativa tenendo conto di quanto esplicitato nei passaggi precedenti, da una rete professionale composta da professionisti che integrandosi esprimano un responsabile del governo clinico ( medico fisiatra/care manager ) ed esprimano anche tra le altre figure professionali il responsabile assistenziale del caso /case manager .
La Rete dei professionisti per la disabilità e la partecipazione quindi è da definire e programmare per la presa in carico delle persone disabili e a rischio di partecipazione e della loro famiglia .
Nella rete occorre individuare care manager e case manager affinché vi sia una continuità terapeutica neii bisogni della disabilità per favorire la partecipazione della persona alla vita sociale.
Per ottenere un buon risultato occorre superare nel tempo il concetto della valutazione (quindi superarela U.V.aggettivate) per passare a quello di una rete di professionisti che definisca compiutamente la presa in carico della disabilità conoscendo le problematiche globali del disabile e/o della persona complessa e della sua famiglia . La valutazione di per sé ,purtroppo, è qualcosa di numerico che non sempre rende la realtà dei bisogni.
Infatti solo attivando una rete di professionisti preparati e integrati si possono conoscere i reali bisogni del “sistema persona disabile o complessa “ ed in questo settore si suggerisce di inserire anche i concetti della Medicina Narrativa ovvero i concetti di ascolto: “parlare non al malato ma col malato “,infatti solo conoscendo compiutamente i bisogni delle persone,quindi ascoltandole, ci si potrà avviare alla loro effettiva risoluzione.
3) La rete professionale della Disabilità e della Partecipazione può definire la sua operatività sia a livello ospedaliero che a livello territoriale .
Funzioni a livello ospedaliero
La Rete pianifica il percorso intra ospedaliero e la dimissione ed a livello territoriale pianifica e definisce il processo di presa in carico,temporale o no, della persona rientrata al domicilio o in struttura.
Si da alla Rete Territoriale il compito di seguire persone complesse , ad alta disabilità e che richiedono servizi di assistenza nel tempo ottenendo cosi un governo complessivo a livello aziendale in stretto raccordo con il Dipartimento di cure primarie e i medici di Medicina Generale e che può seguire ad una gestione oculata della dimissione in funzione della domiciliazione/ residenzialità,ma può anche prevedere la presa in carico di persone già territorializzate o mai transitate per la gestione ospedaliera.. Quindi si dovrà andare alla definizione di una sola struttura di “Valutazione “ ovverola RETE che si articola in una modalità operativa di presa in carico immediata/tempestiva rispetto alle problematiche di acuzie ed ospedaliere (che copre tutte le strutture ospedaliere presenti all’interno del territorio del Dipartimento, che ha una sua composizione raccogliendo competenze appropriate al mandato), ed una altra modalità operativa che si incentra sulla presa in carico globale in tutte le altre situazioni (infatti non sempre tutti accedono all’ospedale e non deve diventare un percorso obbligato ) che soprintende al complesso delle attività del Dipartimento e può anche articolarsi in sub-unità in rapporto alla dimensione territoriale del Dipartimento stesso o di interfaccia con altri Dipartimenti che operano con obiettivi simili.
A queste problematiche si può rispondere solo attivando un sistema che può essere basato su una iniziale valutazione globale ma deve anche definire la
regolazione dei flussi e attivazione dei servizi della rete e che è basato su tre diversi aspetti:
1) attivazione tempestiva post evento del servizio più consono ai bisogni di “quella” persona fatto a livello ospedaliero o di concerto col MMG qualora la persona disabile non sia transitata per un ricovero ospedaliero
2. monitoraggio, durante il ricovero, per modificabilità del quadro funzionale (prognosi riabilitativa positiva o meno e predittività degli esiti);
3. presenza di instabilità clinica, con necessità di gestione continuativa (diagnostico-terapeutica-riabilitativa e di nursing ) , compatibile con un rientro al domicilio ma che richiedono una presa in carico nel tempo con rivalutazione periodica (ambulatorio territoriale dedicato alla Disabilità ed alla Partecipazione).
La “’Rete per la disabilità e la partecipazione” ,concepita in questa maniera , offre una valutazione integrata e multidimensionale di tipo clinico,assistenziale,riabilitativo e sociale che ha come obiettivo l’outcome del disabile ed il miglioramente della sua qualità di vita attraverso la ricerca selettiva di tutte le possibilità di partecipazione ad una vita qualificante e di relazione.
Funzioni della Rete a livello del territorio
a) costruzione di percorsi assistenziali appropriati, .attraverso interventi diagnostici, valutativi, preventivi, terapeutici, educativi e altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazione a contenere o minimizzare la sua disabilità, affinché possa svolgere le attività della vita quotidiana e di relazione nell’ambiente familiare, scolastico, lavorativo e sociale”.
b)monitoraggio nel tempo per prevenire e limitare la regressione funzionale controllandone l’evoluzione e i fattori di rischio e definizione di eventuali variazioni del progetto di cura
c) integrazione tra attività sanitarie di riabilitazione e ambiti clinico-assistenziali attivando i servizi della rete territoriale idonei al caso o servizi erogati da strutture organizzative diverse
d) costruzione di modelli organizzativi appropriati
e) prevenzione della perdita di autonomia e motivazione alla partecipazione, nonché dell’istituzionalizzazione dei soggetti favorendo la restituzione/mantenimento nel contesto socio-familiare attraverso una attenzione al set ambientale in cui la persona vive
f) valutazione ausili e informazioni all’utilizzo di protesi, ortesi e ausili, nonché azione di promozione,educazione e counselling per l’ottimale accessibilità delle strutture, ambienti e servizi di pubblico utilizzo ed interesse
g) valutazione ed interventi per il possibile rientro c/o le U.O. della azienda per persone disabili
ricoverate c/o strutture fuori azienda.
La Rete professionale della disabilità definirà un PROGETTO sulla persona (PRI) basato sulla valutazione clinico-assistenziale-riabilitativa-sociale che tenga conto in maniera globale dei:
a) bisogni della persona (e/o dei suoi familiari);
b) menomazioni e disabilità
c) abilità residue e recuperabili;
d) fattori ambientali, contestuali e personali.
Della rete fanno parte,ciascuno per le proprie specifiche competenze, i professionisti che si interfacciano coi problemi legati alla partecipazione delle persone ( per disabilità non si intende ovviamente solo quella motoria ma tutto ciò che limita,per qualsiasi motivo, la partecipatività di una persona alle attività che sono consone alle sue aspettative di qualità della vita, ad es.una persona affetta da BPCO o da scompenso cardiaco, come quelle affetta da esiti di lesione midollare o ictus cerebrale o in esiti di trauma , sono disabili con limitazione della partecipatività e dell’inclusività). Il governo clinico della partecipazione legata a quanto declinato dall’ICF deve essere garantito dall’area riabilitativa.
Il Disability Manager
Una nuova figura importante nello scenario della presa in carico dei bisogni della persona è senza dubbio il disability manager la cui operatività si fonda sostanzialmente sulla Classificazione ICF (l’International Classification of Functioning, Disability and Health, definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) e sul modello bio-psico-sociale centrato sulla persona. Sarà sicuramente una funzione importante per verificare le politiche di abbattimento di tutte le barriere ,architettoniche e sociali,che non favoriscono la qualità della vita delle persone con disabilità. Le politiche non considerano,molto spesso, tutto ciò in maniera globale e attuano interventi senza un piano integrato. Questa nuova figura di manager conoscendo le risorse disponibili sul territorio, si propone facilitare il superamento delle aree grigie di confine tra i servizi, di valorizzare le singole professionalità che già operano nelle varie realtà , per favorire l’accessibilità , il coordinamento socio-sanitario, l’assistenza alla famiglia, l’integrazione scolastica, l’inclusione lavorativa e la accessibilità al turismo.
Quindi un professionista che abbia il compito di costruire reti, servizi e soluzioni, per aiutare nella vita di ogni giorno chi ha perso la propria autonomia e i suoi familiari, spesso disarmati di fronte a una condizione improvvisa che richiede adempimenti burocratici, conoscenze e competenze specifiche. Una nuova competenza che aiuterà la presa in carico longitudinale del disabile aiutandolo a migliorare la qualità di vita sua e della famiglia di appartenenza.Una figura professionale non etichettata da “marchi di fabbrica” specifici ma qualcuno che ,avendo carisma e conoscenze del settore ,sappia gestire con competenza ed equità ed in funzione di aiuto ,le situazioni difficili nelle quali,quasi ogni giorno,si trova chi ha perduto la propria autonomia .Il DM non è figura sanitaria ma attore di supporto ad evidenti necessità della disabilità..
Ambiente e riabilitazione
I due termini sono strettamente interconnessi e concorrono a definire, nell’ambito di una visione olistica della persona, prospettive e progettualità che riguardino la condizione biologica, psicologica e di vita sociale . Pensare all’organizzazione dell’ambiente di vita di una persona con funzioni corporee alterate o in condizioni di mobilità ridotta, significa pensare alla sua riabilitazione. Riabilitare può anche significare re-interpretare i bisogni. In altri termini attribuire significati nuovi a condizioni di vita nuove. Per progettare un ambiente a favore della mobilità di chiunque diventa indispensabile tener conto dei nuovi orizzonti interpretativi introdotti dal modello I.C.F. sia dal punto di vista scientifico che da quello lessicale. Adattare l’ambiente di vita, da quello domestico a quello extra domestico, al fine di favorire la riabilitazione di una persona che ha subito una menomazione fisiologica e\o psicologica, impone uno sforzo sinergico che parta dalle U.O. di Riabilitazione che coinvolga tutte le parti che ruotano intorno alla persona disabile (la rete familiare, le associazioni del privato sociale, i servizi sociali comunali ecc.) coordinate e tese alla condivisione di regole e strumenti di comunicazione comuni. In tale rete progettuale la persona termina di essere soggetto da riabilitare e diventa soggetto attivo del processo re – interpretativo del proprio ambiente di vita.
4) L’Attività Fisica Adattata
L’AFA (Attività Fisica Adattata), per il duplice ruolo svolto nel combattere l’ipomobilità e favorire la socializzazione, appare come un valido presidio in grado non solo di interrompere tale circolo vizioso, ma di crearne uno virtuoso.
L’AFA non è attività riabilitativa, ma di mantenimento e prevenzione, finalizzata a facilitare
l’acquisizione di stili di vita utili a mantenere la migliore autonomia e qualità di vita possibile.
Da un’AFA svolta con regolarità potranno derivare: miglioramento del cammino, della resistenza allo sforzo, minori difficoltà a compiere le attività della vita quotidiana necessarie per l’autonomia in ambito domestico e fuori casa; essa, inoltre, favorisce ed incentiva la socializzazione, migliorando il tono dell‘umore, la motivazione, le relazioni sociali e familiari.
Infine non va dimenticato il valore dell’AFA in senso educazionale – formativo attraverso il coinvolgimento attivo del soggetto nel proprio progetto di salute e di autonomia possibile, grazie alla promozione di una regolare attività e di più appropriati stili di vita.
I luoghi in cui si svolgono le AFA possono essere palestre comunali, strutture protette, associazioni ecc… (non ambienti sanitari). Fondamentale nella strutturazione dei percorsi e nella ricerca di spazi dedicati risulta il coinvolgimento dei servizi sociali, associazioni di volontariato, ecc.
Gli operatori che presiedono a queste attività non sono professionisti della sanità. Per tutti questi operatori è indispensabile un’opportuna formazione specifica sulle tematiche della disabilità motoria. Poiché i programmi AFA non rientrano nelle prestazioni sanitarie riconosciute dal DPCM 29 novembre 2001, il costo non è attribuibile al SSN. Le AFA si configurano sostanzialmente come attività motorie di gruppo; tali gruppi devono essere ristretti ed omogenei ed il criterio di aggregazione può basarsi sul profilo funzionale degli utenti. Altra caratteristica di tali programmi, trattandosi di attività di mantenimento, è di essere il più possibile continuativi nel tempo.
5) Il servizio protesi-ausili per l’autonomia della persona disabile
L’ausilio va considerato uno “strumento” fondamentale per permettere il giusto equilibrio tra le aspirazioni del singolo e la possibilità di realizzarle. In altre parole l’ausilio come strumento di autonomia personale nella propria abitazione, nella cura personale, nella mobilità, nella comunicazione, nell’inserimento nel lavoro, nella partecipazione alla vita scolastica, nelle relazioni sociali, nelle attività sportive e di tempo libero. Il “percorso ausili” non è parallelo o alternativo a quello riabilitativo, sociale, scolastico, lavorativo ma integrato e integrante nel progetto di vita di ogni persona
Le finalità : Lo scopo del Servizio Protesi Ausili ( SPA) è di svolgere attività di divulgazione d’informazione nel settore degli ausili, di dare supporto professionale personalizzato alla persona disabile, ai suoi familiari e agli operatori che la hanno in carico nel momento di affrontare le prospettive d’autonomia o di miglioramento della qualità di vita, che può beneficiare dell’uso d’ausili.
Non bisogna ridurlo alla sola erogazione dell’ausilio.
In altre parole gli operatori del Servizio Protesi ed Ausili devono:
- Dare informazioni mirate sui diritti del disabile ed un orientamento chiaro sul percorso da intraprendere nel raggiungimento dell’autonomia.
- Rispondere ai bisogni degli utenti che necessitano di ausili e/od ortesi.
- Contribuire all’accettazione e alla gestione della disabilità.
- Consigliare la scelta dell’ausilio o di soluzioni ambientali che significa occuparsi della persona disabile; seguirlo nel percorso dal ricovero al domicilio, nel progetto di reinserimento sociale.
Il Servizio Protesi ed Ausili Aziendale vede l’integrazione professionale tra diversi professionisti della riabilitazione (Fisiatri, Terapisti Occupazionali Fisioterapisti,,tecnici ortopedici e personale amministrativo) che ,ciascuno per le sue specifiche competenze e responsabilità , gestisce il percorso del disabile verso il recupero della autonomia attraverso la valutazione,prescrizione e fornitura di ausili ,protesi ed ortesi che ,facendo parte integrante del progetto riabilitativo,determinano un miglioramento della partecipazione alla vita sociale di chi ne puo’ usufruire.Nell’operatività del sistema il medico fisiatra referente di settore è anche il referente del percorso e della presa in carico longitudinale del paziente nel Servizio e dovrebbe essere colui che prescrive ,autorizza e collauda l’ausilio . A questo proposito ci preme sottolineare l’importanza della figura del Terapista Occupazionale per la quale si auspicano in futuro sempre maggiori spazi professionali all’interno del SSN.
6) LA RIABILITAZIONE SU BASE COMUNITARIA:
Occorrerà enfatizzare la riabilitazione territoriale ed in quest’ottica attuare la cosiddetta Riabilitazione su base comunitaria (CBR),ovvero una strategia che portila Riabilitazionea valutare pienamente i reali bisogni del disabile gestendolo attraverso percorsi e presa in carico nell’ambiente dove il disabile (per qualsivoglia motivo disabile) vive.La CBR trova forme molto diverse di espressione nei diversi Paesi in relazione alle condizioni socio-economiche e sanitarie presenti localmente: ma i principi di globalità dell’approccio da parte della Comunità vivono sempre e sono essenziali per l’efficacia complessiva degli interventi riabilitativi (dai più complessi e costosi ai più semplici ).Nel nostro contesto sociale e sanitario la cosa più importante è raggiungere una forte integrazione degli interventi intensivi, tempestivi fin dall’urgenza, realizzati in ambiti ospedalieri , con quelli di completamento e radicamento dei risultati nel territorio di vita (lavoro,famiglia, educazione etc. ) della persona presa in cura.
La Riabilitazionesu base comunitaria ,attuata attraverso l’attivazione di una comunità solidale ai bisogni delle persone,sarà ,se riempita di contenuti ,una delle forme piu’ vere e vincenti sia riabilitativamente che economicamente parlando del futuro della Riabilitazione e per il reinserimento partecipativo della persona disabile.La creazione di strutture sanitarie a livello di comunità può definire una crescita culturale ed assistenziale in ambito sia generale che riabilitativo verso l’avvicinamento della gestione del disabile/complesso al suo ambiente di vita e può essere un primo passo verso una sorta di riabilitazione su base comunitaria.La CBR prevede la partecipazione attiva della rete solidale territoriale alla gestione/riabilitazione/ripartecipazione del disabile/anziano/complesso ad una soddisfacente qualità di vita nel suo proprio contesto ambientale ; per questola Retedovrà essere punto di attivazione di buone prassi a livello territoriale e coinvolgere le varie associazioni presenti localmente nei singoli territori.
Per concludere si declinano alcune esigenze di crescita del mondo della riabilitazione:
-Gestire la complessità e la disabilità nella fase della acuzie /post acuzie con la concezione organizzativa dell ‘ omogenea intensità di cura.
-Lavorare in team rispettando le competenze di ciascuno
-Integrare persone e servizi ,creare una rete positiva che lavora per un risultato
-Lavorare per processi ed esiti e non per prestazioni
-Non dimenticare la socialità della riabilitazione pur consapevoli chela Riabilitazioneè un PROCESSO SANITARIO che inizia e deve terminare
-Proporre per quanto possibile il rientro al domicilio creando percorsi che permettano di farlo e coordinandoli con professionisti ed istituzioni
-Lavorare in un ottica di sistema e di rete
-Essere piu’ efficaci per far definire a chi lo deve le necessità delle degenze territoriali e della domiciliarità
Ed alcune proposte operative al Sistema Sanitario :
– Fare idonea formazione a caregivers e operatori
– Collaborare fattivamente con le associazioni del volontariato e col privato sociale.
– Istituire u.o. di riabilitazione territoriale dove non presente dirette dal medico specialista in riabilitazione
-Gestire l’attività ambulatoriale in base a criteri di appropriatezza privilegiando in prospettiva il recupero della partecipazione della persona attraverso percorsi di tipo occupazionale
-In base all’appropriatezza rivedere la presa in carico di persone con disabilità croniche e definirne percorsi e risultati.
– Istituire reti professionali della disabilità e partecipatività che siano attive a livello ospedaliero e territoriale e che prendano in carico la persona complessa / disabile dall’ingresso nella degenza acuti ,preparandone le dimissione verso il territorio e poi gestendone il percorso di presa in carico in base a disabilità e bisogni condivisi
– Definire e gestire una rete di servizi che prenda in carico il paziente e lo porti all’out come desiderato
-Definire ambulatori perla Disabilitàe la partecipazione piu’ che per patologie d’organo
– Proporre a istituzioni e governi il concetto di partecipatività ed inclusività in contrasto con isolamento ed esclusione.
– Proporre il superamento sistematico delle barriere architettoniche e comunicative tra le persone
-Tendere alla costruzione dei Dipartimenti di Riabilitazione trasversali ospedale-territorio e pubblico-privato, al fine di realizzare una governance unitaria di intervento pubblico/privato accreditato nel settore della disabilità/riabilitazione e per favorire globalmente la partecipatività delle persone comprendendovi la gestione del servizio ausili .
Approvato dall’UDP SIMFER il 16.10.2011