Ho ritrovato, riletto ed ancora una volta giudicato bellissimo, questo scritto di Silvano Boccardi; probabilmente uno dei suoi ultimi scritti.
Tutti noi dobbiamo molto a Silvano, molto di più di quanto si pensi.
Fisiatra tra i primi, infaticabile e tenace nelle sue convinzioni, polemista divertente e divertito, uomo di pensiero profondo ma anche d’azione, maestro amato da tante generazioni di fisiatri e di fisioterapisti, fu per molti anni definito dalla stampa e dai colleghi delle altre discipline “il padre della riabilitazione italiana”. Era stato artefice, soprattutto con Fiandesio, della fusione delle due Società scientifiche che formarono la SIMFER.
Era molto noto anche all’estero ed aveva acquisito questa notorietà organizzando (Milano e Torino, settembre 1970) il 1° Congresso Mondiale dell’I.R.M.A., della quale era poi divenuto Presidente, per acclamazione. L’I.R.M.A., International Rehabilitation Medical Association, era la potentissima associazione dei Fisiatri, nata negli USA, oggi confluita assieme all’International Federation of PRM nell’International Society of PRM. Per questa carica Boccardi divenne il fisiatra italiano più noto al mondo; anche a me è capitato spesso, incontrando colleghi stranieri, di sentirmi chiedere di portare i saluti a Boccardi.
In questo testo, molto ben scritto come era suo costume, Silvano parla del suo percorso nella disabilità; ne parla da fisiatra di grande esperienza e sensibilità, con distacco, ma anche con lucidità. Chi lo leggerà con la dovuta attenzione, non potrà non concordare con me che Silvano ancora una volta, un’ultima volta, ci ha insegnato ancora qualcosa.
Prof. Carlo Bertolini
ECCO IL TESTO (già pubblicato per il Gruppo di Studio delle Scoliosi e Patologie Vertebrali)
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Non sappiamo neanche cosa sia il sapere
Metrodoro di Chio, V-IV secolo a.C
La disabilità vista da dentro
Silvano Boccardi
Membro Onorario Segreteria Scientifica GSS
Il mio amico M.N., 87 anni, anche lui medico, sessantadue anni di professione, è stato operato nel 1977 per un neurinoma del nervo acustico destro. Soggetto all’inesorabile destino dei medici che si fanno operare, ha riportato, oltre alla perdita dell’udito e alla deafferentazione dei nuclei vestibolari di destra con conseguenti gravi problemi di equilibrio, una paralisi completa del nervo facciale destro, in parte regredita dopo qualche mese, una lieve ipoestesia dell’emifaccia e una spiacevole alterazione del gusto: i primi sorsi dello champagne offertogli da un caritatevole amico sapevano di fiele. E ancora non sa, privo come tutti noi di una ‘banca del gusto’ e quindi di riferimenti storici, se il sapore che oggi attribuisce al vino che beve è quello di una volta. Dopo un periodo di qualche mese di notevole disorientamento si è giovato dei buoni compensi ai disturbi dell’equilibrio, che gli hanno consentito di muoversi in autonomia anche per tratti lunghi, di fare le scale, di guidare l’automobile.
L’ho incontrato pochi giorni fa e mi ha raccontato:
”Negli ultimi due anni, i compensi hanno cominciato a mollare. Può essere interessante per te il fatto che il fenomeno è comparso, o comunque ha subito un’accelerazione, circa trenta anni dopo la lesione, più o meno l’intervallo di insorgenza della cosiddetta sindrome postpolio, che è certamente legata a una perdita dei compensi periferici. Soprattutto si sono resi evidenti problemi nel controllare le accelerazioni lineari, ad esempio nel cammino, in particolare verso l’avanti. I problemi si accentuano con l’aumento della lunghezza del percorso effettuato, come se si trattasse di un accumularsi degli errori di controllo. Un analogo problema si verifica nel mettermi a sedere: non mi siedo, cado a sedere. Nell’ultimo anno sono caduto quattro volte, sempre in occasione di una troppo rapida rotazione verso destra. L’illuminazione dell’ambiente è stato un fattore importante, così come la presenza di carichi che aumentano la massa.
Ai primi di maggio 2009, una mattina, mentre mi mettevo in piedi per andare in bagno il ginocchio destro ha ceduto improvvisamente e mi sono trovato per terra. Naturalmente è stato molto difficile rimettermi nel letto, con il solo aiuto, miracoloso, di mia moglie. Residuava un deficit di forza dell’arto inferiore destro, e ‘qualcosa’ al superiore e in particolare alla mano. Per esempio non mi riusciva il trillo anulare-mignolo (non posso più suonare la 111 di Beethoven!), e la sensazione era quella di una netta riduzione di forza: per esempio nel reggere una bottiglia di vino, occasione non priva di una sua importanza. Non segni piramidali, non sincinesie. Sono frequenti i crampi muscolari, anche alla mano sinistra. Oggi non sono evidenti chiare turbe della sensibilità, anche se gli oggetti mi sfuggono facilmente di mano e ho qualche problema con la discriminazione tattile: ad esempio non riesco a ritrovare immediatamente oggetti, come le chiavi, che ho in tasca assieme al fazzoletto. Qualcosa di simile accade con la discriminazione visiva: ho qualche difficoltà a ritrovare subito il telecomando nero poggiato su un piano scuro.
Una serie di disturbi importanti è legata al fatto che l’intervento sul neurinoma è avvenuto di venerdì. Ed è noto che venerdì è un pessimo giorno per essere operato, soprattutto per un medico. Infatti al lunedì mattina avevo in vescica due litri di urina; il catetere si era bloccato e nessuno aveva avuto il tempo di occuparsene: e io dormivo. Ne sono seguiti tredici mesi di cistiti, un continuo avvicendarsi di germi in parte a me sconosciuti, l’assaggio di dozzine di antibiotici, e soprattutto forti dolori. In più, iscuria, ossiuria, minzioni ridotte e frequenti, per lo più imperiose. Avevo memorizzato bene la distribuzione dei vespasiani della città di Milano (per qualche anno ce ne sono stati ancora) per la necessità di utilizzarli con urgenza. Un intervento di sfinterectomia ha migliorato la minzione, non purtroppo la capacità della vescica. Ho scoperto (quante cose non sapevo) che ci sono molti modi per sollecitare la minzione, oltre a quelli canonici come il rumor di scroscio, i piedi sul terreno freddo o bere mezzo bicchiere d’acqua: ad esempio compare immediatamente lo stimolo davanti al portone di casa o in ascensore in salita verso casa. Oltre, purtroppo, quando è impossibile per ragioni di decenza consentirne lo sfogo.
Ti descrivo ora una mia giornata: dato il tuo mestiere, penso possa interessarti.
Mi sveglio dopo una notte ben dormita, se non fosse per la necessità di alzarmi all’incirca .ogni due ore per svuotare la piccola vescica. Ormai mi muovo abbastanza bene nel letto, per cui non ho più eccessive difficoltà a mettere i piedi per terra. Poi però si presenta il problema di mettersi in piedi. Ho scoperto che letti, divani, poltrone e anche sedie sono troppo basse per una persona di media altezza: io sono alto circa un metro e ottanta. Devo così, più che appoggiarmi, aggrapparmi a qualcosa di solido posto avanti e un po’ in alto: i rischi maggiori li incontro se mi attacco a qualcosa di mobile, ad esempio una porta o un cassetto che si apre o si chiude. Una volta in piedi, ho il problema di restarci. E comincia quella che chiamo la danza del quadricipite. n ginocchio destro è leggermente flesso e posso raddrizzarlo volontariamente: in realtà, con i tuoi amici del centro di bioingegneria abbiamo dimostrato che il primo muscolo ad entrare in azione in questo caso è il soleo. Interessante, no? L’estensione del ginocchio determina un’inclinazione in avanti del tronco che viene corretta volontariamente: il ginocchio si riflette e così via.
Poi, prima o poi debbo spostarmi. Una serie di spiacevoli sensazioni: la difficoltà di staccare da te!fa il piede destro, la gamba destra pesante e come avvolta in una tela di ragno, l’apprensione della caduta, la ricerca di un appoggio fisso. Sono particolarmente difficili le rotazioni verso destra; uso oramai il mio tacco destro come un pivot, che neanche Kobe Bryant… E i dolori: alla schiena, muscolari, particolarmente forti alla prima alzata, all’anca destra, muscolari e forse articolari, destinati a risolversi con i primi passi. E le saltuarie nevralgie, ad esempio del piccolo e grande sottoccipitale sinistri, della durata di qualche ora o qualche giorno. E le fitte, molto intense, per fortuna di· brevissima durata: alla caviglia sinistra, alla faccia laterale della coscia, sempre a sinistra, al ginocchio· destro, all’emitorace destro.·
Poi, il momento della verità: il confronto con la mia immagine allo specchio. I capelli bianchi spettinati, la mancanza di rughe sulla metà destra della fronte, la bocca storta, deprivata dell’ottima dentiera, che mostra l ‘Unico dente residuo, un premolare inferiore destro. Ci è voluto il genio di Leonardo per trasformare in bellezza la bruttezza di un volto di vecchio sdentato.
Mi faccio la barba: dalla mia prima volta, ho superato le venticinquemila esecuzioni di questa manovra, e pensavo di cavarmela. Purtroppo il timore di cadere mi obbliga ad appoggiarmi al muro o al lavabo con la mano sinistra: addio al contropelo. Per il bagno me la cavo con l’aiuto di un telo sollevatore: funziona piuttosto bene.
Poi l’abbigliamento: particolarmente difficile infilare i calzini e le scarpe, più la destra della sinistra: è fondamentale l’altezza del sedile. E abbottonare il polsino sinistro.
Ho sempre consigliato di fare delle camminate, come miglior strumento rieducativo. Ho attualmente una autonomia (un perimetro di marcia, come dicono i francesi) di l 00-150 metri con bastone a destra e sicuro appoggio, a sinistra, alla mia impareggiabile moglie, alla quale debbo ogni momento di … paranormalità Passi piccoli, intorno ai cinquanta centimetri, velocità ridotta a poco più di un chilometro all’ora. E, quel che è peggio, dopo i cento metri una progressiva infrenabile ‘tendenza ad accelerare aumentando la frequenza del passo, come se si accumulassero gli errori di controllo delle accelerazioni legati al malfunzionamento vestibolare. Tanto che a volte all’arrivo mi debbo scaricare in avanti sul portone di ingresso.
Quanto all’alimentazione, un altro dei difficilmente evitabili guai legati all’invecchiamento.
Da venti anni, un reflusso esofageo, ben contenuto dal Mepral, e una discreta ernia . iatale: ne consegue un ridotto appetito e una discreta ripugnanza per la carne. Bene. invece i dolci. la paresi facciale mi dà ancora problemi di continenza orale e difficoltà nell’emissione delle. labiali (gli altri fanno finta di capirmi lo stesso o davvero mi capiscono: potenza del tracking e dell’affetto!).
Naturalmente guai con l’udito: completa sordità a destra, riduzione progressiva, senile, della percezione dei toni acuti. Anche qui, va meglio con una ormai quasi invisibile protesi acustica. Per quanto, i cornetti acustici in osso dei bisnonni avevano un loro fascino.
Sul piano cognitivo, come dicono quelli che parlano bene, soprattutto una facile esauribilità dell’attenzione. Comincio a voler cambiare occupazione dopo una diecina di pagine di un giallo svedese e dopo due o tre dell’amato Bernstein. Il mio score a scacchi con il Chessmaster è sceso lentamente da 2500 a intorno i 1000. E, naturalmente, i buchi della memoria recente, quella remota è abbastanza ben conservata (posso ripetere con un po’ di attenzione le poesie imparate inutilmente più di 60 anni fa): il recall, ci metto un po’ a ricordarmi che film ho visto in tv ieri sera, ma anche la recognition, anche per la musica. Una volta era mio orgoglio riconoscere al volo un pezzo classico, ora sono in grado di ripeterlo, e anche di anticiparlo, ma non di dire che cosa è. La scrittura, già pessima, è diventata piccolissima e del tutto illeggibile: siano rese grazie agli inventori del computer.
In conclusione ho imparato come le varie disabilità, legate ai segni lasciati dalla malattia e al più o meno normale invecchiamento, più che sommarsi si moltiplicano. Tutti gli oggetti che ho in mano, specie lettere, giornali e telecomandi, tendono inesorabilmente a cadere a terra, e raccoglierli è un vero faticosissimo esercizio di stile. Se mai mi capiterà tra le mani Isaac Newton… Quanto all’handicap, ho avuto modo di verificare la gran bontà di quanto vado dicendo da qualche anno. Nel sociale, caratteristica dell’età avanzata è ‘la doppia centrifuga’. Il vecchio vede i suoi amici allontanarsi progressivamente da lui. Uno dopo l’altro poi i suoi amici cadono dal disco ruotante: negli elenchi periodici dei defunti pubblicati sul bollettino dell’ordine dei medici non compaiono praticamente più colleghi nati prima di me. Ma nello stesso tempo, lui viene sempre più centrifugato rispetto ai vecchi centri di interesse, fino a precipitare lui stesso. E, nel frattempo, si fa il vuoto intorno a te”.
E si è allontanato a piccoli passi, con il suo bastone, brontolando. Dissolvenza, sulle note di des pas sur la neige …