Convegno Jesi (AN) 11-12 marzo 2015
Dal Convegno è emerso come le nuove tecnologie siano oramai una parte sempre più rilevante dell’armamentario terapeutico per la riabilitazione, pur nella costatazione di come, a tutt’oggi, siano carenti le evidenze in questo settore, sia sul piano tecnologico, delle specifiche indicazioni cliniche e dei risultati. Infatti la numerosità e la varietà delle esperienze condotte in clinica più che nella ricerca, condivise da Fisiatri responsabili del Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) e dai professionisti (Fisioterapisti, Logopedisti, Terapisti Occupazionali, Neuropsicologi, Tecnici e Bio-Ingegneri), a vario titolo coinvolti nella conduzione delle diverse attività, danno in molti campi la dimensione chiara di una sostanziale efficacia, che va al di là dei dati dell’attuale ricerca; esperienze che anzi hanno la possibilità di orientare e sostenere la ricerca, per ottenerne le risposte necessarie. La ricerca, infatti, potrà darci risposte sui meccanismi che stanno alla base di tale effetti funzionali e della ottimale somministrazione (fasi cliniche più appropriate, tempi e modalità di applicazione, etc.) dei training con queste apparecchiature. E’ stato affermato concordemente, in coerenza con questa prospettiva di efficacia ed appropriatezza, che tali procedure di trattamento possano e debbano divenire al più presto uno standard da garantire omogeneamente a tutti i soggetti clinicamente indicati, superando la fase della presunta “eccellenza”, che può contenere in se anche il sospetto di scopi di solo marketing. E’ condivisa quindi l’esigenza di realizzare collaborazioni cliniche multi-centriche molto vaste, per raggiungere la numerosità e la completezza necessaria delle casistiche.
Fattore determinante è la omogeneità dei protocolli, ma talvolta anche la diffusione ed il costo di tali apparecchiature. Rispetto al primo aspetto dei protocolli è apparso evidente a tutti come si debba orientare nuovi studi alla raccolta di dati, rispetto all’efficacia dell’utilizzo delle apparecchiature avanzate/robotiche, da un lato con
A) una chiara specificità di indicazione e dall’altro
B) nella integrazione di tale intervento con le altre attività riabilitative da prevedersi nel PRI.
E tutte queste sono da definire nei contenuti, negli obiettivi, nelle procedure, con molta maggiore chiarezza rispetto alle tradizionali indicazioni, purtroppo frequenti, stile “trattamenti standard”.
A) La specificazione della indicazione terapeutica deve andare molto al di là dell’indicazione della patologia di riferimento, oppure “per il recupero motorio”, anche della sola indicazione dell’arto superiore o arto inferiore. Ad es. rispetto alle funzioni dell’arto superiore debbono esser ben specificate su quali possa agire il training ripetitivo, quali sinergie, anche cognitive/sensoriali, possano essere coinvolte nell’esercizio. E questo ovviamente vale anche per l’esercizio per l’arto inferiore (forza, articolarità, equilibrio…) e per il cammino. Peraltro tale specificità di indicazioni e modalità di esercizio potrebbero talvolta consentire di riunire dati derivanti dall’applicazione anche di apparecchiature con caratteristiche parzialmente differenti e questo potrebbe anche favorire l’ampliamento delle casistiche.
B) Ovviamente la medesima specificità deve esser richiesta alle altre applicazioni terapeutiche comprese nel PRI, in contemporanea ed in sinergia, oppure in alternativa con il trattamento per così dire tecnologico; questo sia per il gruppo di studio che per il controllo ovviamente. Tale specificità consente di affrontare anche un altro punto critico per questi studi (ma anche di valore generale per la riabilitazione): la base di confronto è un trattamento riabilitativo “standard”, il cui parametro (unico o principale) rischia di essere solo il tempo di contatto del paziente con l’operatore? E questo confronto, in questo caso, lo si fa con il training tecnologico (di cui si può peraltro conoscere tempi, ripetizioni etc.)?
Solo tramite la definizione di tali protocolli, dovremmo poter raggiungere dati che parlino finalmente sia delle evidenze dei diversi step del processo di trattamento e di recupero indicato dal PRI e contemporaneamente anche del raggiungimento degli obiettivi di funzionamento e di salute (ICF) per la persona presa in cura, nonché del ruolo che quei diversi step possono avere in questo outcome globale.
Rispetto al secondo aspetto della diffusione e dei costi delle apparecchiature, un importante aiuto potrebbe venire dalla definizione di queste nuove procedure di trattamento nel tariffario nazionale derivante dai nuovi LEA. Comunque già adesso vi è una certa diffusione di queste apparecchiature in numerose strutture ospedaliere, residenziali e ambulatoriali e il problema è semmai quello di riunire le attività di queste realtà in progetti sinergici, come l’evidenza clinica richiede (e viceversa la spinta del marketing potrebbe non favorire).
Altro punto che è stato affermato a Jesi concordemente è che l’efficacia dimostrata sul piano clinico per l’utilizzo terapeutico di molti di tali apparecchi, si riferisce certamente alle fasi di più intensiva e precoce presa in cura riabilitativa, ma altrettanto si riferisce alle potenzialità di recupero delle persone, anche nelle fasi successive, quando sia presente una potenzialità prognostica, nonché per contrastare ed evitare evoluzioni cronicamente disabilitanti. In tal senso sono rilevanti le potenzialità di utilizzo di queste apparecchiature nella modalità di riabilitazione ambulatoriale e a distanza o domiciliare (vedi Teleriabilitazione). Questa modalità complessivamente si presenta non solo come corretta applicazione delle indicazioni di appropriatezza clinica ed economica (come indicano LEA e Patto per la Salute) per la scelta dei setting riabilitativi, ma anche come uno strumento per garantire in maniera più avanzata ed efficace il monitoraggio clinico, la compliance e il coinvolgimento attivo del soggetto e del suo contesto, rispetto alla necessaria prosecuzione di un training di recupero. Ne consegue che le diverse modalità di utilizzo di tali apparecchi, nelle diverse indicazioni e nei diversi programmi di applicazione, sia altrettanto importante in ambito di degenza ospedaliera /residenziale, ma anche in ambito territoriale (e forse sempre più nel futuro). Ovviamente le esigenze, precedentemente indicate, di adeguata definizione di indicazioni, modalità di trattamento, tipologie di training (e quindi anche di tipologia di apparecchiature utilizzate), appaiono ancora più importanti in questo contesto territoriale, allo scopo di garantire, sempre ed a tutti, ogni trasparenza e verificabilità, in termini di appropriatezza clinica ed organizzativa, per l’utilizzo delle risorse impiegate.
In tale ottica la definizione utilizzata nella bozza del Nomenclatore delle prestazioni Ambulatoriali per la Riabilitazione – Prestazione 93.11.f Rieducazione motoria mediante apparecchi di assistenza robotizzati ad alta tecnologia – non appare purtroppo assolutamente idonea (ad es. perché “rieducazione motoria”? E cosa può significare “robotizzati” oppure “alta tecnologia”?). Ultimo punto da segnalare, dopo il convegno di Jesi, è come sia stata da tutti condivisa l’esigenza di sviluppare un’idonea formazione, sia nei curricula di base, che nelle attività di formazione professionale permanente, degli operatori coinvolti nella realizzazione di queste attività riabilitative. Questo allo scopo di disporre, accanto alle risorse tecnologiche, dell’indispensabile capacità della risorsa “personale”, per l’ottimale utilizzo dei contenuti valutativi e diagnostici, oltre che di effettuazione e controllo costante del trattamento, ed inoltre per gli aspetti indispensabili di integrazione di queste innovative attività nel team multi-professionale e nella conduzione del Progetto e dei Programmi Riabilitativi. Saluti a tutti, e grazie se vorrete inviarmi opinioni o integrazioni a quanto ho cercato di sintetizzare.
Prof. Alessandro Giustini Responsabile Scientifico dell’Evento
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Ufficio Formazione Ospedale San Pancrazio Tel 0464/586371