Un contributo di Paolo Boldrini.
Gli anni Novanta hanno conosciuto lo sviluppo contemporaneo di due modelli di salute/malattia alternativi al comune modello biologico, e che hanno fra loro diverse analogie. È una coincidenza probabilmente dovuta ad un momento storico in cui si andavano facendo sempre più evidenti le criticità dei modelli tradizionali di malattia, ed i loro limiti nel dare risposte efficaci alla domanda di salute, in un contesto epidemiologico e sociale in profonda evoluzione. In questo senso, si possono considerare i due nuovi approcci come figli dello stesso contesto culturale, anche se la loro crescita è stata apparentemente indipendente.
Uno dei due approcci è il modello ICF, ben conosciuto nel mondo della riabilitazione, che a partire dall’inizio del secolo ha sostituito il precedente modello ICIDH nelle classificazioni dell’OMS.
L’altro è il modello cosiddetto “sindemico”, certamente meno conosciuto nel nostro settore. L’occasione per parlarne è fornita da una recente serie di articoli su questo tema, comparsi su Lancet (1-4), e dalle sue possibili interessanti implicazioni per il mondo della riabilitazione.
Il termine “Syndemics” è stato introdotto a partire dagli anni Novanta da Merril Singer, un antropologo medico, per indicare un approccio utile a interpretare le interazioni sinergiche fra la compresenza di malattie ed i fattori biologici ed ambientali che ne influenzano negativamente gli esiti a livello di popolazione.
L’approccio sindemico considera lo stato di salute di una popolazione come risultante di un’ampia gamma di fattori: genetici e biologici, fisici ed ambientali, ecologici, sociali, politici ed economici. Le malattie non sono considerate come entità discrete e circoscritte, ma come eventi sociali, in cui un ruolo preminente è giocato dalle disuguaglianze sociali e dall’esposizione a condizioni nocive.
A differenza dei comuni modelli medici basati sulla comorbidità e multimorbidità, l’approccio sindemico considera gli effetti sulla salute delle interazioni fra malattie ed i fattori sociali, ambientali ed economici che favoriscono tali interazioni e aggravano le malattie.
Inizialmente adottato per le malattie trasmissibili, come l’AIDS, è stato applicato successivamente anche a patologie croniche non trasmissibili, che rappresentano una causa principale di disabilità a livello mondiale, ed è questo uno degli aspetti che possono rivestire interesse per il mondo della riabilitazione.
Alla base del concetto sistemico ci sono tre criteri di base: compresenza di due o più malattie come caratteristica del quadro patologico tipico di una determinata popolazione; l’interazione fra queste malattie sul piano biologico, sociale e psicologico; i fattori sociali su larga scala (di macro-livello) che hanno causato inizialmente il raggrupparsi ed il coesistere di tali condizioni patologiche.
Il modello sindemico si può applicare sia a livello individuale, clinico, che a livello di popolazione, e ritiene che la singola malattia non si possa isolare dalle altre condizioni sanitarie e sociali. Dal punto di vista antropologico, questo rimanda alla differenza fra “disease” (un’esperienza sul piano fisico) e “illness” (un’esperienza sociale)
Risulta spontaneo rilevare in questo modello analogie con l’approccio bio-psico-sociale che caratterizza il modello ICF, e viene da chiedersi se e come possa trovare adozione e sviluppo in ambito riabilitativo.
Il modello sindemico si pone in una prevalente visione di “public health”, con un deciso orientamento a sottolineare i determinanti socio economici nella diffusione e progressione delle malattie. Le implicazioni operative non riguardano solo le politiche strettamente sanitarie, ma anche tutte le azioni che possono limitare le disuguaglianze sociali e l’esposizione a fattori ambientali nocivi, in una prospettiva generale di attenzione alla tutela ed alla promozione dei diritti umani, e non solo riguardante il diritto alla salute.
È facile rilevare come l’attenzione ai determinanti sociali accomuni questo modello al modello ICF, in cui i fattori ambientali hanno un ruolo di assoluta evidenza.
Credo sia opportuno sollecitare la nostra comunità professionale ed il mondo della riabilitazione in generale ad approfondire la conoscenza di questo approccio e ad esplorarne le possibili implicazioni teoriche ed operative.
Paolo Boldrini
Bibliografia
- Editorial: Syndemics: health in context – The Lancet, 2017; 389: 881.
- Singer M, Bulled N, Ostrach B and Mendenhall E. – Syndemics and the biosocial conception of health. The Lancet, 2017; 389: 941-50
- Mendenhall E, Kohrt BA, Norris SA, Ndetei D, and Prabhakaran D. Non-communicable disease syndemics: poverty, depression, and diabetes among low income populations. The Lancet 2017; 389 951-63.
- Willen S, Knipper M, Abadia-Barrera CE, and Davidovitch N. Syndemic vulnerability and the right to health. The Lancet 2017; 389:964-77