La fisiatria interventistica sarà uno dei temi principali del Congresso Nazionale Simfer 2019 che si terrà dal 29 settembre al 2 ottobre a Firenze – Palazzo Congressi. Nella rivista Riabilitazione (Griffin Editore, anno XIV, numero 6/2019) è apparsa un’intervista al presidente del Congresso Pietro Pasquetti che punta l’obiettivo proprio sulla fisiatria interventistica. La riprendiamo qui.
Dottor Pasquetti, con il termine “fisiatria interventistica” ci si riferiva, in senso stretto, al fisiatra esperto nel trattare il dolore della colonna vertebrale e le radicolopatie; questa definizione è ancora valida?
La fisiatria interventistica è una branca della medicina fisica e riabilitativa che, dopo aver trovato un consenso sempre più ampio nella comunità scientifica dei Paesi anglosassoni e in particolare negli Stati Uniti, dov’è nata, si sta progressivamente diffondendo negli ultimi anni anche in Europa e in Italia. Il concetto di fisiatria interventistica ha subito peraltro negli anni dei cambiamenti in relazione all’ampliamento degli orizzonti terapeutici della disciplina: con il termine interventional physiatry (o spine interventional physiatry) inizialmente si faceva riferimento al «trattamento del dolore della colonna vertebrale e delle radicolopatie mediante procedure quali blocchi nervosi, infiltrazioni intra-articolari, infiltrazioni epidurali, anuloplastica elettrotermica intradiscale, infiltrazioni dell’articolazione sacroiliaca, ablazione nervosa, discografia lombare e blocchi simpatici» (Falco FJE, Narrow CM, Carbon JR, Martinez G, Frey MR. Fisiatria Invasiva. Secrets in Medicina Fisica e Riabilitazione. Cuzzolin Editore, 2005, 595-615).
Attualmente invece la fisiatria interventistica abbraccia sostanzialmente tutte le procedure infiltrative/iniettive dell’apparato osteo-mio-articolare nei vari distretti anatomici, eseguite prevalentemente mediante l’ausilio di opportune guide, in particolare quella ecografica, in modo da ottenere una terapia mirata a livello del target terapeutico desiderato. In estrema sintesi, il concetto basilare è che la fisiatria interventistica si inserisce in un più globale progetto riabilitativo individuale (Pri), in cui il piatto forte resta sempre l’associata prescrizione di esercizio terapeutico personalizzato.
Ci può descrivere le principali caratteristiche di queste procedure?
Le infiltrazioni intraarticolari sono tra le procedure più frequentemente effettuate negli ambulatori fisiatrici. Certamente il fisiatra ha nel proprio Dna culturale e nel proprio bagaglio tecnico l’idoneità per poter somministrare la “minichirurgia dell’ago” in ambito osteo-mio-articolare, ma l’elemento caratterizzante è che egli rappresenta l’unica figura medica competente per inserire questa terapia antalgica in un più ampio percorso riabilitativo: infatti, nell’ottica della medicina riabilitativa interventistica, l’atto infiltrativo deve essere sempre inscritto in un progetto riabilitativo di più ampio respiro. Le condizioni patologiche trattate con queste procedure interventistiche mininvasive ambulatoriali sono molteplici – per citarne alcuni esempi, le artropatie degenerative e le tendinopatie inserzionali calcifiche nei vari distretti articolari dell’organismo – e numerose sono le tipologie di tecniche impiegate, come ad esempio le infiltrazioni eco-guidate con acido ialuronico, cortisonici o gel piastrinici (Prp).
Come può fare il fisiatra per formarsi e acquisire le competenze necessarie per operare in fisiatria interventistica?
Il crescente interesse per questa disciplina ha portato negli ultimi anni al fiorire di numerosi corsi teorico-pratici per l’approfondimento di queste tematiche e alla nascita, nel contesto della Simfer, di una specifica sezione di fisiatria interventistica nonché alla creazione negli ultimi anni della società scientifica Simrrim (Società italiana di medicina riabilitativa rigenerativa interventistica multidisciplinare): entrambe promuovono l’aggiornamento scientifico e la formazione in questo settore per i colleghi fisiatri. È chiaramente auspicabile che questa disciplina trovi sempre più lo spazio che merita anche nel contesto della formazione universitaria specialistica in medicina fisica e riabilitativa. Numerose procedure caratterizzanti la fisiatria interventistica, come evidenziato anche dall’American Academy of Physical Medicine and Rehabilitation, richiedono infatti un percorso di formazione specifico dedicato e certificato in ambiti universitari.
Quindi la fisiatria interventistica è in crescita?
La diffusione di questa disciplina è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni. Ciò è in parte correlato alla comprensione del presupposto che, per offrire migliori risultati e fornire maggiori benefici nella cura del paziente sottoposto a tali procedure interventistiche mininvasive, è spesso opportuno associarvi un adeguato programma riabilitativo individualizzato che agisca sinergicamente ad esse, potenziandone gli effetti: da qui l’importanza del ruolo del fisiatra per quei pazienti in cui sono indicate queste terapie mininvasive e la sua centralità quale specialista in grado sia di prescrivere che di eseguire tali procedure in un contesto di riabilitazione e di presa in carico globale del paziente, mantenendo comunque un approccio multidisciplinare e di collaborazione con altri professionisti e medici specialisti che operano in settori affini o complementari. È inoltre da sottolineare che la fisiatria interventistica riveste un ruolo sempre più professionalizzante, anche e soprattutto nella prospettiva occupazionale futura dei giovani fisiatri.
Qual è il ruolo dell’ecografia in fisiatria interventistica?
Nell’ambito della fisiatria interventistica, uno dei denominatori comuni di molte delle tecniche utilizzate è l’impiego dell’ecografia muscolo-scheletrica, originariamente destinata a scopi esclusivamente diagnostici e oggi sempre più diffusa come guida di svariate procedure terapeutiche. Le procedure eco-guidate sono finalizzate a realizzare un trattamento i cui effetti, in molti casi di tipo antalgico, siano selettivi, mirati e soprattutto maggiormente efficaci rispetto a quelli ottenibili in assenza di guida ecografica. Il razionale delle tecniche eco-guidate che rientrano nell’ambito della fisiatria interventistica è quello di minimizzare il trauma procedurale sui tessuti e di ridurre i rischi di complicanze e i tempi di recupero, approcciandosi in sicurezza a trattamenti effettuabili negli opportuni ambienti ambulatoriali.
Quanto ampie sono le evidenze scientifiche in materia? Esistono linee guida affidabili o molto è ancora lasciato all’esperienza e alla sensibilità degli operatori?
Nel corso degli anni la terapia infiltrativa ha subito vari cambiamenti dovuti alla migliore comprensione dell’eziopatogenesi delle malattie oggetto di trattamento, nonché dei meccanismi d’azione delle sostanze e delle molecole già utilizzate e di quelle di nuovo impiego. Il razionale della terapia infiltrativa risiede nelle possibilità che essa offre di sfruttare al meglio le proprietà terapeutiche e le azioni farmacologiche della sostanza utilizzata, sia in termini di riduzione del dolore sia di azione diretta sui meccanismi biochimici e fisico-chimici che sostengono la patologia da cui è affetto il paziente. La ricerca nel settore della fisiatria interventistica vive attualmente una fase di grande fermento e lo sforzo comune è quello di produrre, sulla base delle evidenze scientifiche e dei risultati di studi condotti sulla scia delle esperienze della pratica clinica, linee guide condivise in materia. Queste ultime peraltro già esistono; un esempio particolarmente significativo è quello delle “Linee guida ed evidenze scientifiche in medicina fisica e riabilitativa” redatte dai colleghi del gruppo di Valter Santilli, professore dell’Università “La Sapienza” di Roma, ma le continue innovazioni e sviluppi nel settore ci impongono un continuo aggiornamento scientifico con la conseguente necessità di aggiornare le nostre linee guida alla luce delle più recenti evidenze.
In una prospettiva di aggiornamento scientifico e di ricerca di evidenze auspichiamo in particolar modo che il prossimo congresso nazionale della Simfer, che abbiamo l’onore di ospitare a Firenze, possa rappresentare un utile momento di incontro e di crescita culturale per tutti quanti operano nel nostro settore.
Renato Torlaschi